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Domenica di Pasqua

Testi per meditare domenica di Pasqua

facendo esperienza di resurrezione

 

         Il vento porta il suono delle campane. Il canto delle campane viene a cercare i credenti che lo desiderano. "Vieni!", dicono. "E' ora. E' ora di fermarti nella corsa del tempo, per lasciare che lo sconosciuto ti raggiunga. Vieni, se lo vuoi". Con le campane, è Dio stesso che, in modo discreto, bussa alle nostre porte.

 

         E chi crede di venire per abitudine può ritrovarsi raggiunto da una parola che egli non attendeva più, ma essa lo attendeva. Una parola fatta per lui.

 

         Fin dal suono delle campane, fin dal convenire di coloro che si ritrovano là, anche se sono poveri, vecchi e stonati, ciò che vi si annuncia è l'intessersi della nostra storia con l'unica storia, quella che è pervenuta al suo termine in Gesù Cristo, definitiva e vittoriosa: l'incarnazione di Dio nelle nostre vite che sono diventate la sua casa, per la sua più grande gioia.

 

         Il popolo cristiano è vicario, presente a nome della moltitudine e votato alla moltitudine. Tale funzione va richiamata incessantemente, per incoraggiare coloro che si rammaricano che si sia sempre meno numerosi. Certo, il fatto che persone non abbiano udito la buona notizia di Gesù Cristo è una desolazione. Eppure, anche se siamo appena due o tre, Gesù Cristo è presente in mezzo a noi. Anche se siamo appena due o tre a celebrare l'eucaristia, noi la celebriamo per il mondo, per la moltitudine. Forse è ciò che ci dà coraggio certe domeniche mattina in cui strascichiamo i piedi. Quando la nostra impotenza e le nostre insufficienze ci fanno disperare del mondo, la partecipazione al sacrificio di azione di grazie di Cristo, offerto per la moltitudine, è una leva efficace perché questo mondo sia preso, benedetto, spezzato, dato. E' una leva per quello che Paolo chiama il "riscatto del tempo", quando spiega che si deve trarre profitto dal tempo presente, anche al cuore dei giorni cattivi (cf. Ef 5, 16).

 

         Le nostre vite, in Lui, si dispiegano nel ricordo della sua morte, nella celebrazione della vita vittoriosa e nell'attesa del compimento definitivo di questa vittoria. L'intera creazione, e non solo le nostre vite, resta con il fiato sospeso in questa attesa. La sua morte è il compimento del dono della sua vita. La sua resurrezione è la sconfitta della morte che non può né spegnere né uccidere il dono, perché non si può sequestrare colui che dà tutto. Unico mistero ed unico dono. Sulla croce, Cristo è già vittorioso. Risorto, porta ancora il segno dei chiodi. La nostra speranza è che anche nelle nostre vite il dono sia più forte della morte, la comunione più forte delle lacerazioni del mondo. Ecco il nostro desiderio più profondo, più sicuro, la grande attesa che ha condotto i nostri passi sulla soglia di questa chiesa, per quanto ordinaria sia la celebrazione. E' banale dire che l'eucaristia rinnova le forze. Le rinnova in quanto la forza del dono vi è vittoriosa sulla morte, ancora ed ancora. Certo, è una vittoria che ha avuto luogo una volta per tutte. Ma Dio non si stanca di farcela rivivere. Forse finiremo·per crederci! Per questo, ciò che celebriamo oltrepassa assolutamente il momento cultuale come tale. Tutti coloro che, in un modo o in un altro, si distaccano dalle proprie preoccupazioni per ascoltare le preoccupazioni di un altro, tutti coloro che tentano di vivere in una certa gratuità, sono intimamente associati al mistero pasquale ed alla vittoria di Cristo.

 

         La pace è ciò che Gesù Cristo porta come primo dono ai suoi nell'ora della resurrezione. Noi possiamo ancora avere paura, tremare e restare tappati all'interno dei muri, nonostante l'annuncio e la venuta del Cristo risorto. Ma egli usa pazienza. Ha tutto il tempo dalla sua parte, ora che la vittoria ha avuto luogo. Allora viene, e viene ancora. E ciò che dice ai suoi a mo' di saluto è appunto: Shalom, "Pace a voi" (Gv 20, 19). Quella pace è l'anti-divisione, il marchio dell'unità e della carità, il segno che viviamo del medesimo amore trinitario che unisce il Padre ed il Figlio e lo Spirito, un'unità in cui ciascuno così com'è trova il suo posto, senza gelosia, senza rivalità, senza uniformità.

 

         E' lasciandoci trasformare da ciò che celebriamo che noi diventiamo ciò che siamo tutti chiamati ad essere e che siamo per grazia: figlie e figli di Dio, partecipi della vita divina.