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Sabato Santo

Testi per meditare il sabato santo

presso il sepolcro

 

         Silenzio, in cui ciò che si crede essere la verità si spegne.

         Spossesso delle certezze e dei giudizi. La verità, nessuno può mettere le mani su di essa. La verità è Cristo e, nell'ora della passione, tace.

 

         In un grande silenzio, ci inchiniamo. Dinanzi all'Unico che accetta di portare la maledizione al posto nostro senza accusare nessuno, noi ci prostriamo. Nel settimo giorno della creazione, forse Dio ha taciuto per dare la parola all'uomo. Forse era questo il suo riposo: ascoltarci. Il suo silenzio è la possibilità per noi di parlare. E la sua immobilità nella morte è la possibilità per noi di esservi raggiunti da lui, ciò che l'iconografia ha rappresentato in quel movimento inaudito che è la discesa agli inferi. La parola di Dio, morta, non tace definitivamente, ma coglie l'occasione della morte per raggiungere coloro la cui carne è stata separata dalla parola da parte della morte e ridarle vita. Il Verbo, divenuto carne, continua la sua opera nel cuore della tomba. Dobbiamo discendere in quel silenzio insieme con lui e là trattenerci, lasciar salire verso Dio il silenzio di Dio e farvi scivolare lo spavento dell'uomo di fronte alla morte. Il silenzio non è il contrario della parola, ma la sua condizione di possibilità. Senza il silenzio, non vi è Verbo possibile. Nel silenzio del seppellimento, alla scuola del Verbo di Dio disceso agli inferi a restituire la parola a coloro che la morte ha ridotto al silenzio da così tanto tempo, vivere di Cristo significa rifiutare che vi sia un solo capello di un solo uomo che sia separato dalla sua vittoria. Significa volere con Gesù Cristo la salvezza di tutto l'essere e di tutti gli esseri ed impegnarsi con lui per fare questo. Significa pregare per i nostri nemici e volere che siano salvati. Significa guardare in faccia le nostre divisioni ed accettare di fare in modo che cessino. Significa accettare la povertà e l'impotenza del silenzio, soffrirla. Significa aprire gli occhi sugli essere feriti, nei quali Cristo è "in agonia fino alla fine del mondo".

 

         Io credo che coloro che sono costretti al silenzio, non importa per quale ragione, sono intimamente associati al sacrificio di Cristo e comunicano al grande silenzio in cui ci immerge la passione di Cristo tra la sua morte e la sua resurrezione.

 

         Dopo la comunione, si dispiega un lungo silenzio. Non si parla mentre si mangia. Non è la fine della parola, ma il suo vivo condensarsi, così come il bianco condenso tutti i colori. E' la fine del chiacchiericcio, la fine del ritualismo e del suo potere manipolatorio. Grande silenzio, come nel tempo del sabato santo. Cristo viene a visitare ogni fibra del nostro essere. Ma egli è talmente vulnerabile e noi possiamo così facilmente ferirlo! Mi è capitato, in certi momenti di fatica di fronte alle mie proprie erranze ed a quelle della mia Chiesa, di chiedermi se non fossimo una tomba per Cristo. E quand'anche lo fossimo, il Signore lo accetta, come ha accettato di morire accanto a dei colpevoli, innocente confuso con i ladroni. "Ha ucciso in se stesso l'odio" (Ef 2, 16). Non vi è in ciò nessuna rassegnazione, vi è invece il desiderio, spinto all'estremo, di accompagnare l'uomo nella sua vita, perfino nei suoi inferi. L'eucaristia, che celebra la vittoria di Cristo sulla croce, la riconciliazione acquistata a prezzo del sangue, scende fino alle profondità della morte. Si situa su quella frontiera e la chiama per nome. Scende fin nel più profondo dell'enigma esistenziale dell'uomo che tocca il corpo, l'amore, il male e la morte. Ed apre un cammino al seguito di Cristo risalito dagli inferi. No, non è per noi stessi che ci comunichiamo, così come non è per noi stessi che siamo venuti qua. Comunicando al corpo di Cristo, è alla Chiesa che comunichiamo, alla Chiesa universale, alla Chiesa di Cristo, al di là di tutte le divisioni. Di quella chiesa, nessuno conosce i contorni, se non Dio solo. Ciò che Cristo, il grande povero deposto nel nostro corpo, scava in noi è una sollecitudine universale, affinché attraverso di lui, fosse anche nella più grande delusione, noi lavoriamo insieme all'unità perfetta degli uomini e di tutta la creazione per la quale egli si è offerto.

 

         Il movimento di Dio consiste nel donarsi. Il Padre dona tutto il suo amore al Figlio; il Figlio dona tutto l'amore ricevuto dal Padre ai suoi fratelli, gli uomini. Questo amore ha un nome, è lo Spirito, il "bacio di Dio", come ama dire san Bernardo di Chiaravalle.