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Venerdì Santo

Testi per meditare il venerdì santo

adorando il Crocifisso

 

         Meditiamo la passione di Gesù. In ognuno di quei gesti, così come in ogni dono che noi facciamo, colui che presenta un dono si offre insieme con il suo dono.

 

         Quella parola spezzata, quella vita umiliata e dimenticata dei senza voce, quella parola che non attira le folle, quelle vite crocifisse non sono forse per eccellenza il luogo che Cristo ha scelto di abitare? Il venerdì santo questa intercessione si sviluppa in modo solenne e ingloba esplicitamente tutti gli uomini e tutte le donne di tutti i tempi. Essa mostra cosi, una volta all'anno, ciò che le intercessioni delle nostre celebrazioni più ordinarie manifestano: è ogni volta il mondo intero e ciascuno dei suoi abitanti che l'assemblea orante presenta al suo Signore. In ogni celebrazione dell'eucaristia, dalla più ordinaria alla più solenne, ciascun volto singolare deve essere portato dalla nostra preghiera comune, compreso quello dei nostri nemici.

 

         E' raro oggi che si sia in grado di guardare in faccia la morte senza tremare o senza fuggirla. Ebbene, Cristo ci pone su quella frontiera che è la questione delle nostre vite: ciò che ci costituisce come cristiani è la trasgressione della morte. Il battesimo ci ha immersi nella morte e nella resurrezione di Cristo. La frontiera tra la morte e la vita è per sempre il nostro posto, perché è quello di Cristo. Sulla croce stanno tutte le frontiere. Il nostro posto non consiste nell'essere alle frontiere, bensì sulle frontiere, affinché la comunione distrutta, e questa è la morte, sia ristabilita per la grazia di Cristo che stende le sue braccia tra le due rive che la morte aveva separato. Quando celebra l'eucaristia ai piedi del muro che separa il Messico e gli Stati Uniti, radunando da una parte e dall'altra della frontiera i cristiani che partecipano alla medesima celebrazione, papa Francesco manifesta quello che intende significare invitando i cristiani ad andare "alle periferie". Non si tratta di andarci come si parte per le vacanze, ma di essere personalmente dilaniati sulle frontiere del mondo, perché è là che Cristo dimora. In una delle sue ultime omelie prima di essere assassinato, Pierre Claverie scriveva come avesse percepito che è proprio sulle linee di frattura del mondo che la Chiesa deve dimorare, nel nome del suo Signore che ha scelto di stare là, fino alla fine dei tempi.

         "Se la Chiesa non è nei luoghi di frattura dell'umanità, che fa? Gesù pone la sua Chiesa su queste linee di frattura, senza armi, né alcuna volontà o alcun mezzo di potenza. Il posto della Chiesa è su tutte le linee di frattura, tra i blocchi umani ed all'interno di ciascun essere umano, ovunque vi siano ferite, esclusioni, emarginazioni...

         Dove sarebbe la Chiesa di Gesù Cristo, essa stessa corpo di Cristo, se non fosse là anzitutto, ai piedi della croce? Io credo che essa muore se non è abbastanza vicina alla croce del suo Signore. Per quanto paradossale possa sembrare, come mostra bene san Paolo, la sua forza, la sua vitalità, la sua esperienza e la sua fecondità le vengono da lì. Non da altrove, né altrimenti. Tutto, tutto il resto non è che polvere negli occhi, illusione mondana. Essa inganna se stessa ed inganna il mondo quando si situa come una potenza tra le altre, come un'organizzazione umanitaria o addirittura come un movimento evangelico da grande spettacolo. Può anche brillare, ma non brilla del fuoco dell'amore "forte come la morte", come dice il Cantico dei cantici. Perché si tratta qui per l'appunto di amore, anzitutto di amore e solamente di amore. Una passione di cui Gesù ci ha dato il gusto e tracciato il cammino: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (Gv 15, 13)".

         La Chiesa, lo voglia o no, è installata dal suo Signore sul luogo della sua offerta.

 

         Tutto ciò che è donato è trasformato dallo Spirito. Ciò che non è esposto alla sua grazia, per timore o per incuranza, è perduto.

 

         Fare la comunione significa inghiottire il corpo spezzato di Cristo, inghiottire i frammenti del suo corpo spezzato. Ed offrirgli uno spazio in cui vivere: le nostre esistenze. Comunicare significa inghiottire il tradimento di cui siamo sempre poco o tanto complici e strappare Cristo a questo tradimento, offrendogli le nostre mani vuote, la nostra fame e la nostra sete. Ciò non può che destare la domanda capitale: a cosa devo morire per vivere di Cristo?