Il cristiano esiste per servire

Il cristiano esiste per servire

Giovedì, 26 aprile 2018

(testo tratto dalla registrazione, non rivisto dall’Autore che, per altro, non è madrelingua italiana).

 

Nel passo del Vangelo del giorno di Giovanni (16-20), nella gioia del tempo pasquale la Chiesa fa meditare su un momento triste, di angoscia, quello in cui Gesù, che sa cosa accadrà, si congeda con quel discorso lungo, bello, dei capitoli di Giovanni, che precede le ore del Getsemani e della passione.

In questo congedo, il Signore compie due gesti, che sono istituzioni: due gesti per i discepoli e per tutta la Chiesa che verrà.

Due gesti che sono il fondamento, per così dire, della sua dottrina: l’istituzione dell’Eucaristia e la lavanda dei piedi. Da questi gesti nascono i due comandamenti: i due comandamenti che faranno crescere la Chiesa se noi siamo fedeli.

Innanzitutto c’è il primo comandamento che è quello dell’amore.

Ed è nuovo perché c’era il comandamento dell’amore, amare il prossimo come me stesso, ma questo dà un passo in più: “amare il prossimo come io vi ho amato”. Quindi: l’amore senza limiti, senza il quale la Chiesa non va avanti, la Chiesa non respira. Senza l’amore, non cresce, si trasforma in una istituzione vuota, di apparenze, di gesti senza fecondità. Con l’Eucaristia, in cui Gesù dà da mangiare il suo corpo e da bere il suo sangue, egli dice come noi dobbiamo amare, fino alla fine.

Vi è poi l’altro gesto, quello della lavanda dei piedi, in cui Gesù ci insegna il servizio, come strada del cristiano. Infatti, il cristiano esiste per servire, non per essere servito. Ed è una regola che vale tutta la vita. Tutto è racchiuso lì: infatti tanti uomini e donne nella storia, che l’hanno presa sul serio, hanno lasciato tracce di veri cristiani: di amore e di servizio.

L’eredità di Gesù è questa: “Amatevi come io ho amato” e “servite gli uni gli altri. Lavate i piedi gli uni agli altri, come io ho lavato a voi i piedi”.

Durante l’ultima cena, il Signore ha lasciato i due comandamenti dell’amore e del servizio e poi un’avvertenza che si legge proprio nel breve passo evangelico proposto dalla liturgia del giorno: “Voi dovete amare come servi, dovete servire, perché siete servi”. E la spiegazione di queste parole è anche una regola di vita: “In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato”. Cioè: “Voi potrete celebrare l’Eucaristia, voi potete servire, ma inviati da me, mandati da me. Voi non siete più grandi di me”. Si tratta, in sostanza, dell’atteggiamento dell’umiltà semplice, non dell’umiltà finta: dell’umiltà che viene dalla consapevolezza che Lui è più grande di tutti noi e noi siamo servi e non possiamo oltrepassare Gesù, non possiamo usare Gesù. Lui è il Signore, non noi. Lui è il Signore.

Ecco quindi il testamento del Signore. Si dà da mangiare e bere e ci dice: amatevi così. Lava i piedi e ci dice: servitevi così, ma state attenti, un servo mai è più grande di quello che lo invia. In poche righe, il fondamento della Chiesa.

Sono parole e gesti contundenti. Ma se noi andiamo avanti con queste tre cose, non sbaglieremo mai. Mai, mai, mai. Radicale, forte, ma semplice. Del resto, i martiri sono andati avanti così. Ed anche tanti santi anonimi, nella vita della Chiesa, sono andati così, i santi nascosti, con questa consapevolezza di essere servi.

Un programma di vita per il quale c’è un’avvertenza: “Io conosco quelli che ho scelto”. Il Signore dice infatti: “So che uno di voi mi tradirà”. Cosa significa? Significa che Gesù ci conosce. Gesù mi conosce. Credo che farà bene, a tutti noi, in un momento di silenzio, lasciarci guardare dal Signore e guardare il Signore, riconoscere che Gesù ci ha insegnato l’amore, con l’Eucaristia ed il servizio con la lavanda dei piedi, capire che nessuno è più grande di quello che lo ha inviato ed essere consapevoli di stare di fronte a chi ci conosce. In quel momento è bene lasciare che lo sguardo di Gesù entri in me. Sentiremo tante cose: sentiremo amore o forse saremo bloccati lì, sentiremo vergogna. In ogni caso lasciare sempre che lo sguardo di Gesù venga. Lo stesso sguardo con il quale guardava a cena, quella sera, i suoi.

E’ una meditazione nella quale l’uomo può umilmente dire: “Signore tu conosci, tu sai tutto”, come Pietro, a Tiberiade, che affermò: “Tu conosci, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”. Il Signore infatti sa cosa c’è dentro il cuore di ognuno. Si tratta di una bella preghiera, grazie alla quale sentiremo tante cose.