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MEDITAZIONE  MATTUTINA  NELLA  CAPPELLA  DELLA  DOMUS  SANCTAE  MARTHAE

 

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Giovedì, 11 giugno 2015

 

Innanzitutto Gesù invita ad un cammino. Un cammino che, beninteso, non è una semplice passeggiata. Quello di Gesù è un invito con un messaggio: annunciare il Vangelo, uscire per portare la salvezza, il vangelo della salvezza. E questo è il compito che Gesù dà ai suoi discepoli. Perciò chi rimane fermo e non esce, non dà quello che ha ricevuto nel battesimo agli altri, non è un vero discepolo di Gesù. Infatti li manca la missionarietà, gli manca l’uscire da se stesso per portare qualcosa di bene agli altri.

C’è poi anche un altro percorso del discepolo di Gesù, ovvero il percorso interiore, quello del discepolo che cerca il Signore tutti i giorni, nella preghiera, nella meditazione. E non è secondario: anche quel percorso il discepolo deve farlo perché se non cerca sempre Dio, il Vangelo che porta agli altri sarà un Vangelo debole, annacquato, senza forza.

Quindi c’è un doppio cammino che Gesù vuole dai suoi discepoli. Questo racchiude la prima parola messa in evidenza dal Vangelo di oggi: camminare, cammino.

C’è poi la seconda: servizio. Ed è strettamente legata alla prima. Occorre infatti camminare per servire gli altri. Si legge nel Vangelo: “Strada facendo predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni”. Qui si ritrova il dovere del discepolo: servire. Un discepolo che non serve agli altri non è cristiano.

Punto di riferimento di ogni discepolo deve essere ciò che Gesù ha predicato in quelle due colonne del cristianesimo: le beatitudini e poi il “protocollo” sul quale noi saremo giudicati, cioè quello indicato da Matteo al capitolo 25. Questa deve essere la cornice del servizio evangelico. Non ci sono scappatoie: se un discepolo non cammina per servire, non serve per camminare. Se la sua vita non è per il servizio, non serve per vivere, come cristiano.

Proprio su questo aspetto si trova, in molti, la tentazione dell’egoismo. C’è infatti chi dice: “Sì, io sono cristiano, per me sono in pace, mi confesso, vado a messa, compio i comandamenti”. Ma il servizio agli altri dov’è? Dov’è il servizio a Gesù nell’ammalato, nel carcerato, nell’affamato, nel nudo? Eppure proprio questo è ciò che Gesù ci ha detto che dobbiamo fare perché lui è lì. Ecco quindi la seconda parola chiave: il “servizio a Cristo negli altri”.

C’è conseguenzialità anche nella terza parola di questo brano, che è “gratuità”. Camminare, nel servizio, nella gratuità. Si legge infatti: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Un particolare fondamentale, tanto da spingere il Signore a chiarirlo bene, nel caso i discepoli non avessero capito. Egli spiega loro: “Non procuratevi oro, né argento, né denaro nelle vostre cinture, né sacca di viaggio, né due tuniche”. Vale a dire che il cammino del servizio è gratuito perché noi abbiamo ricevuto la salvezza gratuitamente, Nessuno di noi ha comprato la salvezza, nessuno di noi l’ha meritata: l’abbiamo per pura grazia del Padre in Gesù Cristo, nel sacrificio di Gesù Cristo.

Perciò è triste quando si trovano cristiani che dimenticano questa parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Ed è triste quando a dimenticarsi della gratuità sono comunità cristiane, parrocchie, congregazioni religiose o diocesi. Quando ciò accade è perché dietro c’è l’inganno di presumere che la salvezza viene dalle ricchezze, dal potere umano.

Riassumo: tre parole. Cammino, ma cammino come un invio per annunciare. Servizio: la vita del cristiano non è per se stesso, è per gli altri, come è stata la vita di Gesù. E in terzo luogo, gratuità. Così potremo riporre la nostra speranza in Gesù, il quale ci invita così una speranza che non delude mai. Invece, quando la speranza è nella propria comodità nel cammino o la speranza è nell’egoismo di cercare le cose per sé e non per servire gli altri, oppure quando la speranza è nelle ricchezze o nelle piccole sicurezze mondane, tutto questo crolla. Il Signore stesso lo fa crollare.