Lectio 11 aprile 2014

Lectio 11 aprile 2014

Laura Verrani

 

Vangelo di Giovanni Cap. 10,1-21

 

La figura del buon pastore su cui il Vangelo si ferma e così nel tempo pasquale; è testo su cui appoggiare il cammino dedicato al sacramento, al ministero dell'ordine. Non è così facile trovare un riferimento scritturistico del sacramento dell'ordine; parto dal catechismo della Chiesa cattolica dove non ci sono citazioni della scrittura ma solo nelle note qualche passo della lettera agli Ebrei. La lettera agli ebrei si occupa del sacramento di Cristo a confronto del sacramento dell'ordine per gli ebrei, è un confronto, è una citazione che non sostiene il sacramento.

La Chiesa è in affanno anche per questo. Chi è il prete, cosa deve fare? Qual è il suo dono?

Ci si interroga sulla figura del parroco. Si stanno scoprendo ministerialità nuove, il laicato.

Il prete è l'uomo che dispensa i sacramenti ma poi?

Nei 12 non si dice che vengono mandati per celebrare la messa, per celebrare i sacramenti.

In questo percorso accidentato, in cui entrano le vocazioni, ecc. la scelta è l'immagine del buon pastore perché sembra che possa essere ciò a cui si riferisce il vescovo, i presbiteri, i diaconi. In pienezza ai vescovi e poi lo partecipa ai presbiteri e ai diaconi in misura minore.

Il prete è chiamato a essere pastore (interpretazione Verrani) ma confermata da come un anno di pontificato di papa Francesco ha cambiato l'immagine, è un papa pastore. Quando c'è un ministro che è pastore tutti lo riconoscono.

Questo ci mancava. Lui ha detto ai vescovi che debbono avere l'odore delle pecore. Questo depone a favore di questa immagine. Se un ministro è un pastore ha centrato il bersaglio altrimenti anche se i sacramenti sono validi si ha la sensazione di una mancanza.

Non è l'unica immagine del pastore (C'è in Ezechiele, in Geremia, nei salmi).

Potremmo avere del pastore un'idea più bucolica, di bellezza; questa pagina è meno serena, non si riesce quasi a stare solo sul positivo.

Mentre dice chi è il pastore non può fare a meno di dire chi non è. E' quindi una pagina grammatica (in senso etimologico): c'è un contrasto.

Subito prima, nel cap. 9, c'è il dissenso (cieco nato) mentre i farisei interrogano il cieco poi iniziano a discutere fra di loro e “c'era dissenso tra di loro”; adesso di nuovo c'è dissenso (schisma in greco, in italiano scisma, frattura, divisione).

AL cap. 9 Gesù agisce, al cap. 10 parla: Ma, appena parla o dice, si trova attorno dissenso, scisma.

Il pastore, più che circondato di bellezza e serenità, è una figura circondata da contrasti. Col suo fare aumenta la distinzione tra la luce e le tenebre.

 

1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante.

2 Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori.

4 E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.

5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

 

Gesù affronta una prima similitudine, tra chi è il pastore e chi è il non pastore. A noi, che non siamo pastori, ci interessa? E' una pagina di discernimento. Ci interessa perché si tratta decidere chi seguire e chi no. E' la salvezza e quindi ci interessa molto.

Il pastore è quello che entra nel recinto delle pecore attraverso la porta, cioè in modo legittimo. E' un primo punto, è la prospettiva a partire dalla quale il pastore guarda le pecore; è un discorso che sarà ripreso dopo.

Cosa fa il pastore?

  1. Chiama le pecore per nome (cioè le conosce) e le conduce fuori (exago), è il linguaggio di Abramo, la vocazione di Abramo (Esci), il primo passo di Abramo è quello; è il linguaggio dell'Esodo e del Cantico dei Cantici. Quindi il pastore le fa iniziare un cammino, essendo liberati (Esodo), uscire andando verso la fioritura, andare verso lo sposo; “sono venuto perché abbiano una vita in abbondanza”, le porta verso la vita e la bellezza. Educere, tirare fuori; il pastore educa, le porta fuori verso la fioritura. Un pastore vero con la gente la promuove, la educa alla crescita. Gesù rincara la dose; spinge fuori le pecore (ecban, verbo diverso da uscire) dalla parrocchia chioccia; per qualcuno può voler dire avere il coraggio di dire a te non fa bene venire qui tutti i giorni. Succede che ci siano persone che trascorrono la vita nella parrocchia senza essere mai usciti fuori.
  2. Quando sono fuori cammina in mezzo a loro; il buttarle fuori non è un allontanarle. Si mette davanti a loro; è la posizione che sempre Gesù ha nei confronti dei discepoli. Il discepolo è per definizione quello che sta dietro. Il discepolo infatti è tentato di cambiare posizione. Sta davanti chi conosce la strada, chi non la sa sta dietro: E' la strada per la nostra fioritura che noi non conosciamo; noi non sappiamo in che modo finirà la nostra vita, Lui lo sa. Adesso il testo si occupa di come rispondono le pecore, come reagiscono come lo riconoscono; da anni ci si interroga sulla Chiesa chiedendosi come mai non seguono, fanno tutt'altro; il problema non è il relativismo, la società liquida, il pensiero debole; questo testo dice che quando le pecore riconoscono il pastore lo seguono. Se lo capiscono gli vano dietro. Perché conoscono la sua voce? Perché ci parla. Il pastore parla alle pecore; se il pastore non parla con le pecore lo riconoscono; bisogna proprio che il pastore parli con loro, che ci sia una relazione.
  3. Ascoltano la sua voce.

 

6 Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore.

 

Ha capito che non tutto è stato capito; il punto critico era il primo (è il pastore chi entra dalla porta, quel posto da cui vede le pecore in prospettiva). A partire da cosa ci si relaziona con le pecore. Gesù chiarisce: Io sono la porta. Nessun pastore può permettersi di guardare una pecora se prima non si mette un paio di occhiali speciali che gli permettano di vederla come la vede Gesù; quello che vedono i discepoli, è in presenza della stessa realtà, non sempre coincide con ciò che vede Gesù. I discepoli vedono magari un problema teologico, un peccatore, Gesù vede un uomo; es. la samaritana con cui Gesù fa un gran discorso, Gesù aveva visto una persona che aveva sofferto, che aveva sete, una persona con cui sviluppa un gran discorso teologico. Vede in lei un grande interlocutore.

 

8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti;

 

Chi non fa questo è il non-pastore; l'espressione può voler dire parecchie cose; c'è il livello storico ma può voler dire anche quelli che si mettono prima di me; quando uno di mette davanti a Gesù è un non pastore, e così quelli che si mettono al suo posto.

 

ma le pecore non li hanno ascoltati.

9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

 

E' la vita in abbondanza; sta parlando di chi deve entrare dalla porta (sembra essere i pastore) ma alla fine parla di chi troverà pascolo; è uno slittamento che sfuma, perché si può riferire ad entrambe; se c'è un vero pastore trovano pascolo entrambi; il bene di uno coincide col bene dell'altro. Fiorisce pure il pastore.

 

10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

11 Io sono il pastore quello bello.

 

Alza ancora il tiro. Io solo il pastore quello bello, quello che ha a che fare con la bellezza, quello che ti conduce verso la bellezza, per cui ti viene da esclamare che bello stare qui.

 

Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.

12 Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde;

13 egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.

 

Cosa arriva ad essere un non pastore; è qualcosa di devastante per le pecore. E' una cosa terribile. Che possa fare così intanto danno indica quanto è importante un pastore.

 

14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,

15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore.

16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

 

Sembra che il pastore venga descritto come uomo di potere, che governa. Gesù nel tratteggiare il pastore come uomo di potere non intende far riferimento al potere nel modo in cui si pensa ma il potere di “posare” la mia vita e poi “riceverla” di nuovo. E' la Pasqua.

Gesù si toglie la veste, la posa (se la dividono i soldati) e poi la riprende, la riceve dal Padre. Quello che Gesù riceve dal Padre non è la stessa cosa che riceve dal Padre; la vita che si riceve da risorto non è la stesa vita. Quello che è messo nelle mani del pastore dal Padre nessuno lo può togliere e quindi è un uomo libero; può quindi portarci verso la fioritura, verso la primavera.

 

18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

19 Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.

20 Molti di loro dicevano: «È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?».

21 Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi ai ciechi?».

 

Lo scisma sommerso testo da leggere.