La gioia cristiana

La gioia cristiana

Lunedì, 28 maggio 2018

(testo tratto dalla registrazione, non rivisto dall’Autore che, per altro, non è madrelingua italiana).

 

Questo giovane che voleva andare avanti nella vita del servizio di Dio (Mc 10, 17-27), che aveva sempre vissuto secondo i comandamenti ed anche che è stato capace di attirare a sé l’amore di Gesù, quando sentì la condizione che Gesù gli dà “si fece oscuro in volto e se ne andò rattristato”. In pratica è uscito dal cuore l’atteggiamento, l’atteggiamento, le radici della sua personalità. Come dire: “Sì, io voglio seguire il Signore, andare con il Signore, ma le ricchezze non toccarle”. Perché quel giovane era imprigionato nelle ricchezze, non era libero e per questo se ne andò triste.

Invece nella prima lettura san Pietro (1, 3-9) ci parla della gioia, non della tristezza, ma della gioia cristiana. Questo giovane se ne è andato triste perché non era libero, era schiavo. E san Pietro ci dice: “Siate ricolmi di gioia”, esultate di gioia. E’ “forte” l’espressione di Pietro: “Ricolmi di gioia, esultare di gioia”.

Ma cosa è la gioia, quella gioia che Pietro ci chiede di avere e che il giovane non ha potuto avere perché era prigioniero di altri interessi? La gioia cristiana è il respiro del cristiano. Perché un cristiano che non è gioioso nel cuore non è un buon cristiano.

La gioia dunque è il respiro, il modo di esprimersi del cristiano. Del resto, la gioia non è una cosa che si compra o che io possa fare con il mio sforzo: no, è un frutto dello Spirito Santo.

Perché a causare la gioia nel cuore è lo Spirito Santo. C’è la gioia cristiana se noi siamo in tensione fra il ricordo, la memoria di essere rigenerati, come dice san Pietro, che ci ha salvato Gesù e la speranza di quello che ci aspetta. E quando una persona è in questa tensione, è gioiosa.

Ma, se noi dimentichiamo quello che ha fatto il Signore per noi, dare la vita, rigenerarci, è forte la parola “rigenerarci”, una nuova creazione come dice la liturgia, e se noi non guardiamo a quello che ci aspetta, l’incontro con Gesù Cristo, se noi non abbiamo memoria, non abbiamo speranza, non possiamo avere gioia. Magari abbiamo sì sorrisi, sì, ma la gioia no.

Oltretutto, non si può vivere cristianamente senza gioia, almeno nel suo primo grado che è la pace. Infatti il primo scalino della gioia è la pace: sì, quando vengono le prove, come dice san Pietro, uno soffre; ma scende e trova la pace e quella pace non può toglierla nessuno. Ecco perché il cristiano è un uomo, una donna di gioia, un uomo, una donna di consolazione: sa vivere in consolazione, la consolazione della memoria di essere rigenerato e la consolazione della speranza che ci aspetta. Proprio questi due fanno quella gioia cristiana e l’atteggiamento.

La gioia non è vivere di risata in risata, no, non è quello. E la gioia non è essere divertente, no, non è quello, è un’altra cosa. Perché la gioia cristiana è la pace, la pace che c’è nelle radici, la pace del cuore, la pace che soltanto Dio ci può dare: questa è la gioia cristiana. Non è facile custodire questa gioia. E l’apostolo Pietro dice che è la fede che la custodisce: io credo che Dio mi ha rigenerato, credo che mi darà quel premio.

Proprio questa è la fede e con questa fede si custodisce la gioia, si custodisce la consolazione. Dunque la gioia, la consolazione, ma soltanto è la fede a custodirla.

Noi viviamo in una cultura non gioiosa, una cultura dove si inventano tante cose per divertirci, spassarsela; ci offrono dappertutto pezzettini di dolce vita. Ma questa non è la gioia perché la gioia non è una cosa che si compra al mercato: è un dono dello Spirito.

Domandiamoci: Com’è il mio cuore? E’ pacifico, è gioioso, è in consolazione? Di più, anche nel momento del turbamento, nel momento della prova, quel mio cuore è un cuore inquieto in modo non sano, di quella inquietudine non buona: c’è un’inquietudine buona, ma ce n’è un’altra che non è buona, quella di cercare le sicurezze dappertutto, quella di cercare il piacere dappertutto. Come il giovane del Vangelo: aveva paura che se lasciava le ricchezze non sarebbe stato felice.

Perciò la gioia, la consolazione, sono il nostro respiro di cristiani. E così chiediamo allo Spirito Santo che ci dia sempre questa pace interiore, quella gioia che nasce dal ricordo della nostra salvezza, della nostra rigenerazione e dalla speranza di quello che ci aspetta.

Perché soltanto così si può dire “sono cristiano”. Infatti non ci può essere un cristiano oscuro, rattristato, come questo giovane che “a queste parole si fece oscuro in volto, se ne andò rattristato”. Di certo non era cristiano: voleva essere vicino a Gesù, ma ha scelto la propria sicurezza, non quella che dà Gesù.

Per questo, chiediamo allo Spirito Santo che ci dia gioia, che ci dia la consolazione, almeno nel primo grado: la pace. Consapevoli che essere uomo e donna di gioia significa essere uomo e donna di pace, significa essere uomo e donna di consolazione: che lo Spirito Santo ci dia questo.