Giuditta

Autore: Teologa Laura Verrani
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Lectio 13 marzo 2015

 

Laura Verrani

 

Dal libro di Giuditta (15, 8-16)

 

Allora il sommo sacerdote Ioakìm ed il consiglio degli anziani degli Israeliti, che abitavano a Gerusalemme, vennero a vedere i benefìci che il Signore aveva operato per Israele ed anche per incontrare Giuditta e salutarla.

Appena furono entrati in casa sua, tutti insieme le rivolsero parole di benedizione ed esclamarono verso di lei: Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra gente. Compiendo tutto questo con la tua mano, hai operato per Israele nobili cose: di esse Dio si è compiaciuto. Sii per sempre benedetta dal Signore onnipotente.

Tutto il popolo soggiunse: Amen!

 

Il brano letto, tratto dal libro di Giuditta, ci serve da spunto per parlare di Giuditta e tirare fuori dal racconto alcune caratteristiche di questa donna.

Chi è Giuditta? Cosa ha fatto? Ha tagliato la testa ad un uomo. Come mai questo gesto? E perché viene così lodata?

 

E’ una storia con elementi poco attendibili rispetto alla cronologia. Nabucodonosor aveva ingaggiato guerra con il re della Media ed aveva perciò chiesto aiuto a tutte le popolazioni vicine tra cui la Giudea. Nabucodonosor vince lo stesso, ma poi decide di vendicarsi contro le popolazioni che avevano rifiutato di aiutarlo.

Quando questo esercito si muove le popolazioni prese dal terrore decidono di fare una mossa d’anticipo che consiste nell’arrendersi prima di combattere, offrendo la resa.

La Giudea invece si predispone alla resistenza. Giuditta significa giudea, l’ebrea.

Gli ebrei si raccolgono tutti sui monti a Betulkia, in una posizione di controllo del passaggio dell’esercito nemico.

Quando Nabucodonosor capisce cosa vogliono fare e cioè bloccare la sorgente che abbevera tutti quelli che sono lì, il popolo va dai capi a supplicare la resa. I capi decidono di aspettare ancora cinque giorni.

E qui entra in gioco lei, Giuditta, ricca signora vedova che vive in quella città. E’ venuta a sapere della decisione di arrendersi dopo cinque giorni e dice che l’idea è stupida perché è come mettere un tempo, una scadenza al Signore che ci aiuta quando vuole lui. Dice loro che se ne occuperà lei e parte, bellissima, per l’accampamento di Oloferne. Si presenta come una sorta di spia ed entra nelle grazie del comandante senza che lui riesca ad avvicinarsi a lei. Una notte in cui lui e tutti i soldati sono ubriachi gli taglia la testa e fugge. Poi torna e dà disposizioni per vincere la battaglia del giorno dopo. Gli ebrei vincono e lei diventa importante.

Caratteristiche: questa donna è vedova ed in questa vedovanza c'è una ricchezza.

La volta scorsa abbiamo visto, in Rut, come la vedovanza mettesse in una condizione di emarginazione sociale e povertà. Lei però è ricca ed inoltre non intende rompere la vedovanza.

1 - E’ una vedovanza orgogliosa in un tempo in cui per una donna valere qualcosa era possibile solo nella misura in cui si era moglie e madre. Giuditta invece, che non ha figli, è importante per se stessa. Decide quindi di rimanere vedova pur essendo senza figli. Ha quindi una dignità indipendentemente dai figli e dal marito.

Si fa però molte volte riferimento al marito morto, Manasse. Dentro questa scelta c’è un qualcosa che ancora oggi la Chiesa non ha avuto il coraggio di affermare e cioè che quando un matrimonio è forte e funziona non è vero che la morte interrompa questo rapporto. La morte non spezza un legame. Ci sono relazioni che la morte non spezza.

2 - Molte volte nel libro si parla della sua bellezza tanto che gli uomini non riescono a staccare gli occhi sinché non scompare dalla vista. Gli antichissimi commentatori del libro di Giuditta non l’hanno trattata così bene poiché lei si è servita di un uomo per vincere la guerra approfittando dell’astuzia e della bellezza.

Questa donna è vero che si serve della bellezza, ma il problema è chi serve la propria bellezza non quando ci si serve della bellezza, lei non è schiava della sua bellezza; il livello non è quello delle olgettine che hanno usato la loro bellezza per ottenere denaro, lei invece ha un talento che usa, che non nasconde. Giuditta inoltre è intelligente e questo è un problema dimostrarlo. Quando arriva all’accampamento e parla alle guardie ed a Oloferne dicono che lei ha parlato con sapienza. Poi si vede che è lei a gestire tutto. E’ lei che al ritorno dà informazioni precise su come si deve muovere l’esercito.

Si nota un tipo di intelligenza squisitamente femminile. Parla di scrutare il cuore dell’uomo... e in queste parole sta la sua intelligenza, che consiste nel saper scrutare il cuore dell’uomo e quindi capire e prevedere cosa faranno e come si muoveranno, riesce a vincere perché capisce come si muoveranno e cosa faranno. Questa intelligenza è la conoscenza dell’umano.

3 - Parresìa: franchezza, libertà e coraggio della parola franca. Giuditta ha questa capacità e parla con franchezza ai capi dei popoli ed in poche battute si coglie un piglio. Li manda a chiamare, inizia dicendo “ascoltatemi bene” e poi dice che non va bene quello che hanno detto. Capacità di parlare ai capi dicendo “avete sbagliato”.

E’ il compito delle donne e viene fuori nel momento fondamentale: la Pasqua.

Gesù, quando appare alle donne, dice “andate e dite loro”. Giuditta e le donne sono donne che vanno dai capi ed hanno la libertà e la possibilità di andare dai capi a dire “hai sbagliato”. Questo è il compito della donna anche nella Chiesa. Ma c’è una profonda differenza tra Giuditta e le donne nel giorno di Pasqua.

Gli uomini ebrei si sono fidati invece i discepoli di Gesù già il giorno dopo hanno pensato che fossero matte.

Adesso siamo in una condizione anche peggiore nella Chiesa; non c'è nemmeno un luogo per farlo, ma ciò non significa che non si debba fare.

4 - Danza. Tutto si conclude con lei che intona un canto di riconoscenza e tutti accompagnano la lode e si canta e si danza, il sigillo è una donna che canta che danza e che loda.

Ricorda Miriam, la sorella di Mosé, che passato il mar Rosso dà avvio alla danza ed ad un canto.

C’è questa vicinanza tra la donna e la danza. Significa un modo di stare davanti al Signore, è un modo diverso da quello degli uomini. Mosé canta, Miriam non solo canta, ma anche danza.

Solo del re Davide si dice che balla, ma poi lo sguardo delle donne lo fa vergognare. Le donne possono permettersi di stare davanti al Signore in modo più leggero, ma più pieno.

In Nietche “Così parlò Zaratustra” si dice: “Io crederò solo in un Dio che sa danzare”. Non sapeva che Dio sa danzare.

Rut è una donna libera al punto di cogliere la sua solitudine, libera nei confronti della propria bellezza e dei suoi superiori e libera anche nel rapporto col Signore, che danza e che canta e vive liberamente la sua esistenza di donna.