La preghiera - parte 3

Lectio 15 dicembre 2017

 

Laura Verrani

 

Terzo incontro sulla preghiera

 

La volta scorsa eravamo arrivati sul Tabor e di qui ripartiamo: è un momento di preghiera in cui si manifesta tutta una serie di cose che non è possibile neanche prenderle in considerazione tutte. Però a me interessava vedere quello che definirei “gli effetti collaterali” della preghiera.

Sul Tabor si vede bene che la preghiera ha degli effetti collaterali. Bisogna saperlo. Come quando si prende un farmaco, ci preoccupiamo di sapere quali sono gli effetti collaterali... Effetti collaterali significa cose che accadono mentre si sta pregando che non sono quelle cercate.

“Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto, la sua veste divenne candida e sfolgorante...”.

Ecco qui due aspetti collaterali. Il volto cambia. Letteralmente il testo dice: “L'immagine del suo volto un altro”. La preghiera dà un'altra faccia.

Non solo a Gesù. Questo è un tema classico. Già nell'Antico Testamento questa cosa capitava a Mosè. Quando tornava dall'avere incontrato Dio doveva coprirsi il volto con un velo perché nessuno riusciva a sostenere la vista di quel volto luminosissimo.

Quindi già succedeva a Mosè ed anche nella vita di alcuni santi è raccontata la stessa cosa.

Evidentemente è un effetto collaterale della preghiera: cambia la faccia.

Questo lo possiamo capire anche da un punto di vista puramente umano. Quello che guardiamo ci si imprime sul volto, lo cambia, noi diventiamo quello che guardiamo, nel bene e nel male. Quello che guardiamo inevitabilmente si riflette sul nostro volto, lo modifica, lo trasforma, lascia dei segni…

Allora Gesù che cosa sta guardando?

C'è una parola in questo testo che dice chiaramente qual è la visione: Mosè ed Elia sono apparsi nella loro gloria.

Quello che loro stanno guardando, quello che la preghiera apre agli occhi di chi prega è la gloria.

C'è veramente come un gettare lo sguardo su un altro mondo che è fatto di gloria, cioè di bellezza. Ciò che di Dio si può vedere è bello. Infatti lo diranno i discepoli: “E' bello stare qui”. Stanno guardando la bellezza. Se si fissano gli occhi nella bellezza, poi questa ci rimane appiccicata addosso in un modo anche molto coinvolgente.

Inoltre qui non è soltanto il volto che cambia, ma anche la veste che diventa candida e sfolgorante. Marco dice che è talmente bianca che nessun lavandaio della terra potrebbe renderla così bianca. E' evidente che questo è un effetto collaterale della preghiera. Gesù non sta pregando per sbiancarsi la tunica, non è quello il motivo per cui sta pregando, però succede. Allora la veste dice qualcosa in cui la persona, tutta quanta la persona è avvolta in una luce, una bellezza.

La veste è anche nella Bibbia la dignità di una persona. Questo è anche bello da sottolineare. E’ bello vedere che nella preghiera questa dignità sfolgora. Significa, credo, che la preghiera è il luogo in cui più di ogni altro si manifesta ciò che veramente siamo, quanto veramente valiamo. Se la veste è la dignità e diventa sfolgorante vuol dire che lì si manifesta quanto è grande il nostro valore, non al lavoro non nelle tante cose che facciamo, dove ci possono anche calpestare, ma quanto valiamo lì viene fuori. E’ questa la trasfigurazione.

Il passo successivo; 10, 21: sempre vangelo di Luca, racconta di un altro episodio in cui Gesù prega. E’ quel momento in cui Luca scrive: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, o Padre, signore del cielo e della terra perché hai nascosto queste cose ai sapienti ed ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vorrà rivelare”. Mi sembra un bel momento da raccogliere perché è un momento in cui Gesù sta esultando e non può fare a meno di dirlo al Padre. Il mese scorso avevamo visto come la preghiera fatta di notte, nel deserto ha bisogno di tempi e spazi, ha bisogno di essere preparata, non può essere improvvisata. Però è anche bello vedere che non è solo questo. La preghiera è anche questo slancio, qualcosa di istintivo in cui succede qualcosa di veramente bello. E’ un attimo e lo devi dire al Padre. Tra l’altro che cosa sta succedendo che Gesù è così contento che lo deve subito dire al Padre?

Sta succedendo che i suoi discepoli sono tornati dalla missione ed è andato tutto benissimo. Non soltanto è contento Gesù, ma sono contenti anche i discepoli.

Ma quando Gesù li vede così contenti mentre raccontano, li ferma e dice: Non siate tanto contenti perché i demoni si sono sottomessi a voi, ma perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.

Vuol dire che quella è la motivazione per cui è contento. Perché da quello che è successo lui può avere la chiara percezione del fatto che i suoi sono scritti nei cieli cioè sono lì per lui, significa essere sicuri di essere lì insieme a lui. Questo per me è bellissimo. Getta uno squarcio sull’interiorità di Gesù. Lo rende tanto contento sapere che siamo lì con lui da parlare subito col Padre.

In questo frangente Luca fa ripetere a Gesù che parla col Padre una parola che è tanto significativa per quanto riguarda la preghiera. Per due volte ricorre la parola “rivelazione”. Che ha a che fare con la preghiera?

Attenzione in greco rivelazione si dice “apocalisse”. La preghiera è una esperienza apocalittica nel senso che è una esperienza di rivelazione. Che cosa vuol dire?

Vuol dire che chi prega, chi vive questa relazione così intensa, riceve i segreti di Dio.

E queste cose non le sanno i premi Nobel, i sapienti ed i dotti non le ricevono. Chi prega finisce per saperne di più di un premio Nobel. E’ una cosa che capita, è un effetto collaterale della preghiera.

Passiamo al capitolo 11, 1-13. A forza di vedere Gesù pregare gli chiedono: Signore, insegnaci a pregare. La vogliamo anche noi questa cosa qui.

E Gesù a questo punto risponde in tre tempi. Il primo lo conosciamo a memoria, è il Padre nostro, per prima cosa insegna le parole.

Nel secondo tempo attraverso quella paraboletta dell’amico insistente che di notte va a chiedere, ci dà l’insegnamento che è importante insistere, non avere paura di essere importuni.

Terzo tempo: efficacia della preghiera. Chiunque chiede ottiene, a chi bussa verrà aperto...

Credo che questo sia veramente il cuore di quello che Gesù vuole insegnare ai discepoli. Gesù, dopo aver insegnato ai discepoli le parole e la prima parola è Padre, insegna l’atteggiamento che deve essere quello del figlio, che si osa. Non avere paura nella preghiera, di avere questa confidenza, questo modo di essere che ti fa stare come a casa. Essere sicuri che nella preghiera sempre si ottiene e sempre si ottengono cose buone.

Quando dopo aver pregato non stiamo ottenendo nulla, non è perché il Signore non ci sta dando cose buone. Probabilmente stiamo chiedendo uno scorpione pensando di star chiedendo un uovo. Se non ci sta dando quello che chiediamo forse potrebbe non essere una cosa buona.

Ma quello che Gesù sta consegnando ai suoi è questo atteggiamento di figli che si osano con il papà. La fiducia della confidenza da questo momento fino alla fine è il filo rosso che raccoglie tutto il resto.

Ci sono ancora due momenti più la croce di cui abbiamo già parlato. Ma nei passaggi successivi tutto si comprende alla luce di questo aspetto della preghiera come relazione estremamente confidente con il Padre.

Andiamo al capitolo 22 del vangelo di Luca nel contesto dell’ultima cena, versetto 31. Gesù dice a Pietro: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te perché la tua fede non venga meno e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. Questa è un’altra cosa importante della preghiera. Dicevamo prima che la cosa più importante è la fiducia, la confidenza nel Padre. Questa confidenza è talmente importante da essere più importante del fatto di non cadere. Gesù non ha pregato perché Pietro non cadesse, perché facesse tutto giusto, ma ha pregato perché custodisse quella fiducia che gli ha permesso di ripartire, ha pregato perché rimanesse saldo nella confidenza verso di lui e verso il Padre, perché questa confidenza è più importante dell’azzeccarle tutte.

La stessa cosa la farà vedere lui stesso praticamente subito dopo perché usciti dal cenacolo immediatamente si reca al Getsemani. E quello è l’ultimo momento prima della croce in cui Luca ci fa vedere Gesù che prega. Ma se prima abbiamo visto Gesù in un momento di esultanza, qui lo vediamo in una preghiera che è una lotta. “Cadde in ginocchio e diceva: Padre allontana da me questo calice... Entrato nella lotta pregava più intensamente”. Questo è un momento drammatico in cui la preghiera si fa lotta. Perché qui c’è lotta? Perché Gesù sta dicendo: non sia fatta la mia volontà, ma la tua. La preghiera è lotta quando quello che stiamo vivendo proprio non lo vorremmo. Questo momento prostra a terra Gesù “Gesù cadde a terra...” nella lotta di fronte a qualcosa che proprio non vorrebbe. Ma da quel momento Gesù esce in piedi “rialzatosi andò verso i discepoli...” Che cosa rimette in piedi Gesù?

L’espressione usata è fortissima, è il verbo anastas che è lo stesso verbo con cui poco più avanti verrà descritta la resurrezione. Anastas, alzarsi. In quella preghiera entra prostrato, ma ne esce in piedi. Cosa c’è stato in mezzo? La confidenza, la fiducia. Arriva a dire al Padre: Io questo non lo voglio, però si fa come vuoi tu, perché mi fido più di te che di me.

Gesù sta insegnando ad essere nelle mani del Padre. E queste sono appunto le parole con cui Gesù concluderà tutta la sua esistenza: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. E’ questa fiducia, questo rimettersi nelle sue mani, questo fidarsi delle sue mani, che paradossalmente mi rimettono in piedi. Noi potremmo pensare che quel momento in cui rinunciamo alla nostra volontà per fare la sua, ci mettiamo in ginocchio, ci facciamo piccoli per lasciare il posto a te. Invece no. Quello è il momento in cui la confidenza mi rimette in piedi. E da quel momento in poi Gesù affronterà la passione come un uomo in piedi. La fiducia, la confidenza nelle mani del Padre lo sollevano al punto che si può passare attraverso qualunque cosa con quella dignità che lui ha avuto ed anche chiunque prega può sperimentare.