Rut

Autore: Teologa Laura Verrani
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Lectio 20 Febbraio 2015

 

Laura Verrani

 

Lectio divina su: RUT

 

Nel primo capitolo è tutta la prefazione a questa lectio. Il libro di Rut ha solo quattro capitoli. Rut è una figura che è come una luce in un momento buio. Questa pagina racconta un momento terribile, ma finisce bene perché Rut tornata a Betlemme sposerà un parente della famiglia e darà alla luce Obed, padre di Iesse, padre di Davide. Rut è la bisnonna di Davide. Quindi finisce con una pienezza inimmaginabile. Rut è una delle quattro donne citate nella genealogia di Gesù.

E’ ambientata al tempo dei Giudici, fra l’ingresso nella terra promessa e l’inizio della monarchia (circa 100 a.C.), ma in realtà questa storia è scritta molto dopo, nel periodo post esilico (538 a.C) quando Israele torna dall’esilio.

Come mai si va a scrivere di una storia così lontana? Perché questi due momenti sono tempi bui, hanno delle analogie.

Nel libro dei Giudici ci sono le pagine più cruente della Bibbia. Anche al tempo dopo l’esilio ci sono lotte per il potere e sono tempi di grande delusione. Nel primo caso si è tornati, nel secondo si arriva nella terra promessa. Ma questi tempi a lungo desiderati quando si realizzano sono molto deludenti.

Questo libro è ambientato in un momento di fatica, ma non solo; è anche problematico per la carestia. Bisogna considerare che quella è la terra promessa, quella in cui doveva scorrere latte e miele. C'è delusione nei confronti di Dio: forse ci ha presi in giro... Delusione nei confronti di tutto il cammino fatto con il Signore: ne valeva davvero la pena? La vicenda avviene a Betlemme (che significa casa del pane) in cui c’è una carestia.

Questa famiglia decide quindi di andare a Moab, cioè significa tornare indietro. Moab è l’ultimo posto prima della terra promessa (vedi Mosè). Il rischio dei momenti di oscurità è tornare indietro. Per evitarlo si studiano i modi per tenersi ancorati al Signore.

Il giudaismo post esilico aveva studiato dei paletti, delle leggi per questo ed una di queste è la proibizione di sposare donne straniere. Se per caso le abbiamo sposate le rimandiamo a casa loro. Rut è una donna straniera.

Un altro modo per tenersi ancorati ce lo insegna questa donna.

 

Dal libro di Rut: 1Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. 2Quest’uomo si chiamava Elimèlec, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei, di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab, vi si stabilirono.

3Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. 4Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. 5Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito.

6Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. 7Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. 8Noemi disse alle due nuore: “Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi, come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! 9Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di un marito”. E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere 10e le dissero: “No, torneremo con te al tuo popolo”. 11Noemi insistette: “Tornate indietro, figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho forse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? 12Tornate indietro, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza, prendessi marito questa notte e generassi pure dei figli, 13vorreste voi aspettare che crescano e rinuncereste per questo a maritarvi? No, figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi, poiché la mano del Signore è rivolta contro di me”. 14Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei.

15Noemi le disse: “Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata”. 16Ma Rut replicò: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. 17Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora, se altra cosa, che non sia la morte, mi separerà da te”.

18Vedendo che era davvero decisa ad andare con lei, Noemi non insistette più. 19Esse continuarono il viaggio, finché giunsero a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in subbuglio per loro, e le donne dicevano: “Ma questa è Noemi!”. 20Ella replicava: “Non chiamatemi Noemi, chiamatemi Mara, perché l’Onnipotente mi ha tanto amareggiata! 21Piena me n’ero andata, ma il Signore mi fa tornare vuota. Perché allora chiamarmi Noemi, se il Signore si è dichiarato contro di me e l’Onnipotente mi ha resa infelice?”. 22Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.

Rut non si staccò, letteralmente “si attaccò” a Noemi. Questo verbo è lo stesso utilizzato in Genesi capitolo 2 per la donna e l’uomo con un gesto che porta l’uomo fuori dalla casa del padre e dalla madre. Uscire dalla propria terra fa venire in mente Abramo; è quello che ha fatto Abramo, ma mentre Abramo esce sulla base di una parola piena di promesse (la discendenza, la terra) Rut invece non parte con una promessa, ma al contrario Noemi le dice sono vuota. Cosa sta facendo questa donna?

Indizi si trovano nelle sue parole: “Non insistere con me”: è un verbo che si ripeterà nel libro altre volte, ma sarà tradotto con molestare; sarà usato quando Rut andrà a spigolare nel campo, lei donna straniera e senza diritti perché vedova e sola. Non insistere vuol dire non farmi del male. Rimandarmi vorrebbe dire farmi del male.

Dove andrai verrò, dove ti fermerai: c'è il campo dei movimenti di Noemi cioè andare o fermarsi. In tutte le disgrazie di Noemi la solitudine non c’è. E’ un bell’esempio di solidarietà. Nella parola andrai c’è un altro andrai (alach camminare è il modo di camminare dietro al Signore; è un verbo tecnico che dice tutto quello che debbo fare per stare nell’alleanza).

Il tuo popolo, il mio dio sono formule che ricalcano la formula dell'alleanza tra Dio e il popolo. Rut sta usando le parole dell’alleanza. Rut si sta attaccando a Noemi perché con Noemi c’è il popolo dell’alleanza. Per diventare ebrei convertendosi ancora adesso si usano la parole di Rut perché in esse c’è tutto il contesto dell’alleanza.

Noemi è una specie di versione femminile di Giobbe. A quale Dio Rut si sta attaccando? Ad un Dio che colpisce, responsabile del fatto che Noemi è vuota. Viene da dire, ma è stupida? Non è stupida perché dalle parole seguenti capisco.

Seguono tre riferimenti alla morte ed una alla sepoltura. Le parole con cui firma sono quelle con cui si capisce che è una donna estremamente seria. A Moab c’era una vita normale, una casa, un marito, un lavoro: lei preferisce un niente con Noemi nell’alleanza.

Vedi salmo 83 per interpretare (“Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove”). Il niente col Signore è meglio del tutto coi potenti. In quell’alleanza e lo sa perché è donna vedova e straniera, lei sarà sulla soglia, al confine, ma quel limite nell’alleanza è meglio del tutto altrove.

Il Dio dell’alleanza come si sarà sentito a quelle parole? Esploderà in una pienezza inaspettata. Questa è la cosa preziosa di Rut, accendere questa luce quando il tempo è oscuro e forte è la tentazione di tornare indietro. Quando l’orizzonte è vuoto si sta perché è meglio il niente nell’alleanza. Sono le stesse parole dei discepoli di Gesù. Rut ci insegna ad attaccarci al Signore non in virtù della promessa. Lei si ferma di fronte al niente.

Afferma il filosofo Heidegger: “L’unica via per vivere è quella che prende in considerazione la morte”.