Adorazione Ottobre 2010

Autore: Rettoria di San Grato
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ADORAZIONE

in occasione del triduo di san Firmino

9 ottobre 2010

 

         Io sono il Signore, colui che ti guarisce!

                                            (Esodo 15, 26)

         Il Signore ci conceda la furbizia di vederlo e viverlo non come un despota, ma come un padre di misericordia che può, accogliendoci così come siamo, guarire la ferita del nostro cuore.

 

         Il Signore è in mezzo a noi sì o no?

                                       (Esodo 17, 7)

         Il popolo santo di Israele, nel quale siamo significati e rappresentati, dubita dell’esistenza di Dio (non è spesso il nostro dubbio…?). Sarà Ietro, straniero (“madianita”) e pagano, suocero di Mosè, a riconoscere in Jhwh il vero Dio: a volte i “lontani” sono i più vicini…!

 

         Sono un emigrato in terra straniera…

                                          (Esodo 18, 3)

         Dice di se stesso Ietro. E’ questa anche la nostra più intima ed autentica situazione: siamo come stranieri e ospiti in questo mondo. Come viviamo l’essere di passaggio…?

 

         Tu stai davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere.

(Esodo 18, 19)

         Chiamati ad intercedere, come Mosè sul monte, stare davanti a Dio anche e soprattutto per chi non lo conosce, lo dimentica o addirittura lo rifiuta. Questo significa, ce lo ha ricordato il Concilio Vaticano II, essere, in virtù del battesimo che ci fa figli di Dio nella comunità dei credenti, nella Chiesa, “re, sacerdoti e profeti”: portare Dio a tutti e in tutto e tutti e tutto a Dio.

 

         Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce… il Signore disse:…

                                                                              (Esodo 19, 19 e 21)

         Dio si rivela nella voce, perché il popolo (noi tutti) possa ascoltare. Il Signore ci doni devozione per la sua Parola ricordando che, come diceva san Girolamo, “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.

 

         Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio.

                                                                 (Esodo 20, 7)

         Le dieci parole non devono essere lette come precetti isolati, ma come sviluppo dell’affermazione iniziale: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile.   Dio ci ha progettati, ci sogna e ci desidera liberi e a nostra volta liberanti.

Non si tratta qui solamente di non bestemmiare. Il discorso comprende anche il modo in cui si parla di Dio (in teologia, nella catechesi, nell’omiletica, …in politica…!) o possibilità di strumentalizzare il nome per soprusi, ingiustizie, o semplicemente per i propri interessi.

 

PREGHIAMO

 

Dalle preghiere del beato Padre Luigi

 

“Accresci in me i tuoi lumi Signore! Fa’ che io veda! Moltiplica le tue grazie, fammi santo! Signore, non mi abbandonare!

 

Ma Gesù, a che serve che tu sia venuto al mondo per essere la via, la verità e la vita, se sei venuto e ti nascondi? A che serve il sole creato per illuminare, scaldare e fecondare, se lo nascondiamo?! E’ proprio così: la via, la verità e la vita stanno nel nascondimento...”

 

Dagli scritti di san Francesco di Sales

 

A volte ci divertiamo tanto a fare i buoni angeli, che smettiamo di essere dei buoni uomini e delle buone donne. La nostra imperfezione deve accompagnarci fino al sepolcro. Non possiamo camminare senza toccare terra; non dobbiamo coricarci su di essa ne voltolarci, ma nemmeno dobbiamo pensare di volare, perchè siamo dei minuscoli pulcini che non hanno ancora le ali. Noi moriamo a poco a poco; dobbiamo far morire anche i nostri difetti con noi di giorno in giorno.

 

Non bisogna assolutamente vivere secondo la prudenza umana, ma secondo la fede viva e vivificante del Vangelo.

 

Mantieniti gioiosamente umile davanti a Dio; ma comportati ugualmente gioiosa e umile davanti agli altri.

 

Dagli scritti della beata Elisabetta della Trinità

 

L’Eucaristia è la pienezza dell’amore divino. Qui Gesù non ci dà solo i suoi meriti, i suoi dolori, ma ci dona se stesso. Solo un Dio poteva concepire una cosa simile, una così intima unione. Dopo la comunione Gesù e l’anima formano un unico cuore, si fondono insieme come due pezzi di cera. In questo sacramento Dio soffre tutto. Nella sua agonia, nell’orto degli ulivi, il sudore di sangue che sfinisce Gesù è causato dall’ingratitudine degli uomini verso il suo adorabile Sacramento, invenzione del suo amore. Certo non sono la croce e la morte che spaventano il cuore di Gesù, ma questa ingratitudine del mondo...

Tre cose sono ammirabili nell’istituzione dell’Eucaristia: il dono che Gesù ci fa, il momento in cui Gesù ci fa questo dono, mentre un popolo infuriato trama la sua morte, e il motivo per il quale egli ci fa questo dono: per guadagnare i nostri cuori, per mostrarci il suo amore, per conquistare il nostro!...

Gesù buono, io ti renderò amore per amore, sacrificio per sacrificio. Tu ti sei immolato per me, a mia volta io mi offro a te come vittima, ti ho consacrato la mia vita, voglio consolarti e per questo, con la tua grazia senza la quale non posso nulla, io sono pronta a tutto. O mio Gesù, io ti amo tanto e vorrei ricambiarti un po’ di bene…

Signore, allora distacca il mio cuore da tutto; che esso sia così libero da non avere nulla che gli impedisca di vederti. Tu così umile di cuore, plasma infine questo mio cuore perché possa essere la tua dimora amata.